Ciao carissimi. Io qui in Ruanda nella comunità Servi di Maria del Cuore di Gesù sto molto bene, il posto è molto diverso da come mi immaginavo (di solito si pensa all’Africa come un luogo caldissimo e con un paesaggio stile savana…) ma questo paese è chiamato il paese dalle mille colline, è tutto verde e non fa per niente caldo (massimo 28 gradi, la sera ci vuole il golfino e dormo con la coperta di lana…) anche perché la città dove mi trovo (Butare, seconda città del Ruanda) è a circa 1800 m di altezza, cosa che il mio fisico percepisce, difatti quando cammino un po’ più spedita mi viene il fiatone (diciamo che spero sia l’altitudine!).
La vegetazione è splendida e il terreno molto fertile. Nelle pianure si coltiva the e riso, sulle colline banane, patate, avocado… Le case sono fatte di mattoni di fango rossastro, come il terreno.
Le persone sembrano molto serene, mi dicono che in Ruanda mostrare sentimenti in pubblico non è educato, quindi non si vede mai nessuno litigare. I Ruandesi sono molto fini e dignitosi nella loro povertà e sono veramente scioccata dai pesi che portano sulla testa mantenendo tutto in un perfetto equilibrio. Qui è normale vedere le donne con i bebè avvolti in un panno e tenuti sulla schiena mentre queste lavorano la terra o addirittura si arrampicano sulle impalcature (di legno).
Le strade sono tutte pulite. Una cosa che aiuta è sicuramente il fatto che qui è vietato usare sacchetti di plastica, sono tutti rigorosamente di carta, e di discariche non ne ho viste anche perché tutto, ma proprio tutto, viene riciclato e riutilizzato (perfino lo sterco di vacca con cui fanno un combustibile naturale per i fornelli!).
La popolazione è molto povera generalmente, quasi tutti hanno un tetto sulla testa, ma l’acqua corrente, il bagno e l’elettricità sono un lusso. Normalmente si vedono persino i bambini di 3 anni (perché a quell’età già molti ‘lavorano’ aiutando la mamma e appena hanno 6 anni si occupano dei fratellini più piccoli) fare lunghi tratti di strada a piedi con delle taniche da riempire con l’acqua che si trova nella valle. Ne ho visti molti mangiare patate crude perché non hanno né l’acqua né il fuoco per cuocerle.
Tutte le domenica la comunità visita un villaggio molto povero che si chiama Save per fare una missione di evangelizzazione e di aiuto, portando la speranza a tante famiglie. E’ stato molto toccante vedere con quale gioia mi hanno accolta! Qui tutti per strada ti salutano, amano i bianchi (che chiamano musungu) e non hanno vergogna di fissarmi a lungo o di venire a stringermi la mano per conoscermi. Il problema ulteriore è che qui mancano gli uomini e gli anziani a causa del terribile Genocidio del 1994. Più di 1.000.000 di persone (donne, anziani, bambini) torturate e uccise in 3 mesi a colpi di bastone, di machete, con una crudeltà che meriterebbe una mail a parte (sono andata a Kigali, la capitale, a vedere il memoriale che è a dir poco straziante, soprattutto la parte dedicata ai bambini). Molti degli uomini sopravvissuti sono ora in prigione perché sospettati di aver preso parte al Genocidio.
Qui non c’è nessuno (tranne quelli nati dopo il ‘94) a non aver visto atrocità e a non aver subito gravi perdite tra i propri familiari. Anche molte delle novizie che vivono qui in comunità sono orfane del Genocidio.
Qui molti giovani studiano all’università, ma per potersi pagare gli studi mangiano una volta ogni due giorni. Antoine, un ragazzo che frequenta la comunità, mangia una volta ogni tre.
Poi qui in comunità vivono 3 fratellini: Jeanine 14 anni, Eric 6 anni e Ishimwe 2 anni. Questi bambini sono orfani ed erano destinati a morte certa (un loro fratellino di 3 anni è morto 2 mesi fa). Il più piccolo, dopo la morte della madre, rimase in ospedale con la sorellina che non si staccava mai da lui. Purtroppo qui negli ospedali non danno da mangiare, o hai dei parenti che te lo portano o muori di fame. E dato che i piccoli erano orfani, Jeanine tentava, senza risultato, di chieder l’elemosina. Grazie a Dio prima che fosse troppo tardi la comunità li portò con sé. Il piccolo non aveva nemmeno le forze per piangere, era completamente malnutrito e magro, con la classica pancia da fame. Pensate che gli altri due fratellini vivevano con una zia con disturbi psichici che aveva tentato di affogare Ishimwe nel water perché piangeva sempre. Grazie a Dio la comunità è riuscita ora ad avere la potestà su questi tre piccoli salvati! Ora Ishimwe è un bambino bello cicciotto, intelligentissimo (capisce francese, portoghese – la comunità è di origine brasiliana- e la sua lingua, il kinyaruanda), cammina e parlotta, chiama le suore “mamai” e i frati “papai”. Io nel frattempo sto tentando di insegnare l’ABC a Jeanine e a Eric che sono completamente analfabeti.
Qui non c’è nessuno, nessuno, che indossa vestiti nuovi, tutti indossano solo cose usate provenienti dai paesi occidentali. Molti bambini hanno solo una maglietta, e certi maschietti portano la gonna perché non hanno niente altro. Ovviamente i poveri non hanno i pannolini, e nemmeno l’acqua, quindi i bebè sono in giro tutti sporchi, non vi dico… molti hanno la scabbia e prendono la malaria perché non hanno le finestre, figuriamoci le zanzariere.
Un’altra opera caritativa della comunità è portare tutti i giorni da mangiare ai poveri che si trovano in ospedale, malati che altrimenti non mangerebbero.
La mia impressione, è dura a dirlo, forse molti di voi non concorderanno, è che l’Africa viene trattata dal mondo come la discarica dei paesi ricchi (vedi vestiti, materiali tossici tipo eternit, medicinali scaduti ecc…).
Comunque nonostante tutto questo (che è solo un qualcosina rispetto a tutto quello che si potrebbe raccontare…), le persone sono tutte, ma davvero tutte, sorridenti, gioiose, accoglienti, educatissime, umili, disponibili, semplici, piene di fede!
Vi racconterò ancora prossimamente altre storie…
Spero stiate bene! Sono contenta di ogni mail che ricevo, e di ogni preghiera e aiuto per sostenere quest’opera caritativa!
Un abbraccio
Claudia Colombo